Cari diari 2012-2013

CARO DIARIO – novembre 2012

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CARI DIARI 2012-2013

 

Roma, 30 novembre 2012

Caro Diario,

Ronferò tronfio mentre di sguincio sgualcirò bluse. Quale sarà il mio traguardo non pongo veti. Gargamella peggiora le cose, propina bubusettete nei momenti che contano. Non serve dirci che ha sbagliato. Al massimo, dovrà protuberare estatico il concetto inodore di plusvalenza onirica per dare fiato alle trombe. Per dindirindina sarebbe un gesto così scabroso forse? Uno stereotipo mi corresse e alimentò la mia guaina offensiva, in senso lato naturalmente. 
Non vorrei che si generasse un cortocircuito per il quale si finisse poi per capire fischi per fiaschi. Non siamo mica gente de borgata. Abbiamo scosso la testa quando ci dissero che lo eravamo, e per questo ora questa eventuale accusa la rispediamo anticipatamente ad un eventuale mittente con tanto di cappello. Mi ritengo, freudianamente parlando, un sasso su certe questioni e non transigo che un utopia desueta, come quella di chi sappiamo noi, caldeggi e avvalori mandrie indomite di identità ingiallite. Voltagabbana è la parola forse che più gli si confà. 
Qualora avessi vent’anni non sarei qui a dirvi queste cose. L’excursus sarebbe diverso. E’ normale che la gente, le persone, si abituino ai rimandi che gli altri offrono loro. Forse mi ripeto, ma puntare l’indice, o peggio il medio, non può aiutare niente e nessuno a decifrare il muro dell’emotività che si erige talvolta a prescindere dalla caso o dalla fortuna. Chi crede di sì è convinto perchè dentro di sé ha visto crescere il germoglio della fede o perchè ha sentito un il profumo fugace di una reale “Mirabilandia”. Devi deciderti se vuoi fornire assist al bacio e poi insaccare la palla nella rete. La vera verità è ignara ai più. Il fatto è che credere o non credere non modifica di una virgola il marasma a cui facevo riferimento nel terzo capoverso precedentemente. Cito le parole di un grande maestro della Dabbenaggine Unilaterale Grammofonaria, Luaniz Presuale. Allora il Dott. Presuale cosa diceva, diceva: “Prendo tre stuoli in formato Brandeburgo, li capto e li copto, ma non mi aspetto necessariamente una reazione da parte loro”.
Facciamo rosolare ben benino queste parole che sarebbe un peccato altrimenti. 
Caro diario, poi tu non sai ma io al netto delle ciance indirò bandi in Burundi riflettendo su quello che ha tutta l’aria di sembrare un nero dafarsi. 
Duro e puro per non farmi abbindolare, dai gradassi mi guarderò e avviserò la marmaglia di cingere il nemico alle porte senza starsene stopposi in finestra a fissare il vuoto. 
Punzecchierò senza pentirmene la folla che gaudiosa mi inciterà e farò ramarro di lui e della sua spada di Damocle un perfetto tallone d’Achille. Subitaneamente parerò i colpi brutali della nostalgia. quella canaglia, perfida e insolerte. La perseguiterò per legge se lo vorrò. I superbi mi guarderanno in cagnesco pensando che io ce l’abbia con loro. Ma non è così, gliel’ho già detto in tutte le salse, ma loro pur troppo sono di coccio. Confido nel senso civico globale per uscire indenne anche se probabilmente faccio ridere i polli se è questo ciò che penso davvero. Dopo di che, il mio piano è quello di una persona perbene, dall’aria stramba e che ragiona alla chetichella perchè in realtà ha una gran fifa. 
Mi assicurerò, si dia il caso però, che la si smetta di farla franca e la si faccia anche carla magari. Sotto sotto lo so che quello che sto per fare ha tutti i crismi dell’inverosimile ma….ho, come dicevo poc’anzi, una fede granitica in questo e soprattutto penso roseo.
Allora, NO! non ingrasserò le fila di coloro che mi volevano al soldo di una Prussia a cui venne poi accostata una specifica tonalità di blu. Le sparavano grosse quelli là. Non sapevano di essersi intromessi in un’affare più grande di loro, uno di quelli che la metà basta. Uno tale che al cospetto ognuno di noi si sentirebbe un pivello alle prime armi. Serpeggiavano malumori mentre io allegrotto di sguincio me la ridevo ancora sul sofà. Questo fu…
Dei dati di fatto continuavo a bearmene astante come un guardiano di fronte a sua maestà in tenuta casalinga. La preda in questione però qui era di ben altro spessore. Altro che pali sghembi.
Come un fermo immagine scolpito nei riflessi più pietrangolari della memoria, allora issai bandiera bianca per non sembrare genuflesso ai membri di un’ipotetica finestrella sul futuro. E così poco dopo me ne andai poi sbattendo le ali, nonostante tutto.

Marco Zautzik

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